Chi perde la coincidenza aerea a causa del ritardo del volo sul quale è imbarcato, ha diritto non solo alla restituzione dei soldi spesi per acquistare un nuovo biglietto ed, eventualmente, a quelli necessari per il pernottamento non programmato nella città di scalo, ma anche al risarcimento del danno morale. Danno che, non potendo essere quantificato con esattezza nel suo preciso ammontare, andrà liquidato secondo quanto appare equo al giudice (si definisce, appunto, liquidazione in via equitativa). È quanto chiarito dal Giudice di Pace di Lecce con una recente sentenza ( vedi 1 ).

Tutto nasce dal fatto che al consumatore viene consegnato, all’atto del pagamento, un biglietto sul quale viene chiaramente specificato anche l’orario di atterraggio e dunque egli può farvi affidamento prenotando una coincidenza: se poi la perde, allora, scatta la liquidazione equitativa del danno. È infatti innegabile che la compagnia aerea, con il biglietto di trasporto che essa stessa rilascia al viaggiatore, ha l’obbligo di assicurare i tempi promessi e il conseguente arrivo a destinazione. Infatti, nei “tagliandi” – scrive il giudice di Pace – è indicata sia l’ora di partenza che quella di arrivo. Non può peraltro negarsi che i tempi di percorrenza di una specifica tratta portano il trasportato a far affidamento sull’orario per una data ben precisa e per un’ora pressoché approssimativa in modo tale da poter pianificare i propri impegni (siano essi di svago, di turismo o lavorativo). Un ritardo di diverse ore esclude che si possa parlare di un ritardo fisiologico e determina la nascita di aspettative di risarcimento.

È vero, la nostra legge consente il risarcimento del danno non patrimoniale (appunto quello morale) solo in quei casi in cui l’illecito sia un reato o leda un diritto costituzionale: e di certo la perdita della coincidenza aerea non rientra in nessuna di tali due ipotesi. Tuttavia, secondo la pronuncia in commento, il ritardo aereo provoca comunque un disagio che va, in qualche modo, risarcito al di là della compensazione pecuniaria prevista dal regolamento della Comunità europea ( vedi 2 ).

Ad avvalorare questa interpretazione è peraltro una recente sentenza della Cassazione a Sezioni Unite ( vedi 3 ) che ha esteso la possibilità di risarcimento del danno non patrimoniale anche a tutti quei casi che, pur non costituendo reato o violazione di diritti costituzionali, abbiano determinato un pregiudizio grave, serio e dimostrabile.

  1. G.d.P. Lecce sent. n. 2718/2016.
  2. Art. 7 Regolamento CE n. 261/2004.
  3. Cass. S.U. sent. del 24.06-11.11.2008.